venerdì 9 maggio 2008

Illuminations




Dopo il diluvio

Non appena l'idea del Diluvio si fu placata, Una lepre si arrestò fra i trifogli e le campanule ondeggianti e disse la sua preghiera all'arcobaleno attraverso la tela del ragno. Oh! le pietre preziose che si celavano, - i fiori che già guardavano. Nella grande strada sudicia i banchi si drizzarono, e le barche vennero trascinate verso il mare a scaglioni, lassù, come nelle stampe. Corse il sangue da Barbablù, - ai mattatoi, - nei circhi, dove il sigillo di Dio fece illividì le finestre. Il sangue e il latte scorsero. I castori edificarono. I "mazagrans" fumarono nelle osterie. Nella grande casa di vetri ancora grondante i fanciulli in lutto guardano le splendide immagini. Una porta sbatté, e sulla piazza del borgo, il bambino roteò le braccia, capito dalle banderuole e dai galli dei campanili di ogni dove, sotto il luminoso acquazzone. La Signora *** sistemò un pianoforte sulle Alpi. La messa e le prime comunioni vennero celebrate ai centomila altari della cattedrale. Le carovane partirono. E lo Spendide-Hotel fu costruito nel caos di ghiacci e di notte del polo. Da allora, la Luna vide gli sciacalli gemere per i deserti di timo, - e le egloghe di zoccoli borbottare nel frutteto. Poi, nella fustaia violetta, germogliante, Eucari mi disse che era primavera. - Sgorga, stagno, - Schiuma, rotola sul ponte e al di sopra dei boschi; - drappi neri e organi, - lampi e tuono, salite e scorrete; - Acque e tristezze, salite, e ridestate i diluvi. Poiché da quando si sono dissipati, - oh le pietre preziose che si celavano sottoterra, e i fiori aperti! - è una noia! e la Regina, la Strega che infiamma le braci nel vaso di terra, non vorrà mai raccontarci ciò che ella sa, e che noi ignoriamo.

Infanzia

I
Quest'idolo, occhi neri e crine giallo, senza genitori né corte, più nobile di una favola, messicana e fiamminga; il suo dominio, azzurro e verzura insolenti, si snoda su spiagge nomate, da onde senza vascelli, con nomi ferocemente greci, slavi, celtici. Al limitare della foresta - i fiori di sogno squillano, esplodono, rischiarano, - la fanciulla dal labbro d'arancia, con le ginocchia incrociate nel chiaro diluvio che sgorga dai prati, nudità che ombreggiano, traversano e vestono gli arcobaleni, la flora, il mare. Dame che volteggiano sulle terrazze accanto al mare; fanciulle e giganti, nere superbe nel muschio di verderame, gioielli ritti sul terreno grasso dei boschetti e dei giardinetti in disgelo, - giovani madri e sorelle maggiori con gli sguardi pieni di pellegrinaggi, sultane, principesse dal portamento e dal costume tirannici, piccole straniere e persone dolcemente infelici. Che noia, l'ora del "caro corpo" e del "caro cuore".
II
È lei, la piccola morta, dietro i rosai. - La giovane mamma defunta scende la gradinata. - Il calesse del cugino stride sulla sabbia. - Il fratellino piccolo (è in India!) lì, davanti al tramonto sul prato di garofani. - I vecchi che furono seppelliti in piedi nel terrapieno delle violacciocche. Lo sciame delle foglie d'oro avvolge la casa del generale. Si trovano nel Mezzogiorno. - Si segue la strada rossa per giungere alla locanda vuota. Il castello è in vendita; le persiane sono staccate. - Il curato dev'essersi portato via la chiave della chiesa. - Intorno al parco, i chioschi delle guardie sono disabitati. Le palizzate sono così alte che si vedono soltanto le cime fruscianti. Del resto non c'è niente da fare lì dentro. I prati risalgono verso i casolari senza galli, senza incudini. La chiusa è alzata. Oh i calvari e i mulini del deserto, le isole e i mucchi di fieno! Fiori magici ronzavano. I pendii lo cullavano. Circolavano bestie di un'eleganza favolosa. Le nubi si ammassavano sull'alto mare fatto di un'eternità di calde lacrime.
III
Nel bosco c'è un uccello, il suo canto vi ferma e vi fa arrossire. C'è una pendola che non suona. C'è un acquitrino con un nido di bestie bianche. C'è una cattedrale che scende e un lago che sale. C'è una piccola carrozza abbandonata nel bosco ceduo, o che scende di corsa per il sentiero, infiocchettata. C'è una compagnia di piccoli attori in costume, intravisti sulla strada attraverso gli ultimi alberi del bosco. C'è infine, quando si ha fame e sete, qualcuno che ci scaccia.
IV
Io sono il santo, in preghiera sulla terrazza, - come la bestie pacifiche pascolano fino al mare di Palestina. Sono il sapiente dalla poltrona scura. Pioggia e fronde si buttano contro la finestra della biblioteca. Sono il viandante della strada maestra nei boschi nani; il rumore delle chiuse copre i miei passi. Osservo a lungo il malinconico bucato d'oro del tramonto. Potrei proprio essere il fanciullo abbandonato sul molo che si slancia verso l'alto mare, il piccolo valletto che cammina lungo il viale, la cui fronte tocca il cielo. I sentieri sono aspri. I dossi si ricoprono di ginestre. L'aria è immobile. Come sono lontani gli uccelli e le sorgenti! Non può esserci che la fine del mondo, più in là.
V
Che mi si affitti dunque questa tomba, imbiancata a calce e con le linee di cemento in rilievo - lontanissimo sotterra. Mi appoggio al tavolo coi gomiti, la lampada rischiara vivamente questi giornali che stupidamente rileggo, questi libri privi d'interesse. A enorme distanza sopra questo salotto sotterraneo, s'impiantano case, si addensano le brume. Il fango è rosso o nero. Città mostruosa, notte senza fine! Meno in alto, ci sono delle fogne. Ai lati, soltanto lo spessore del globo. Forse voragini d'azzurro, pozzi di fuoco. Forse è su questi piani che s'incontrano lune e comete, mari e favole. Nelle ore d'amarezza immagino sfere di zaffiro, di metallo. Sono padrone del silenzio. Perché mai una parvenza di spiraglio dovrebbe impallidire all'angolo della volta?

Racconto

Un Principe era irritato per essersi dedicato sempre e soltanto alla perfezione delle generosità volgari. Prevedeva stupefacenti rivoluzioni dell'amore, e sospettava le sue donne di poter dare qualcosa di meglio di quella compiacenza ornata di cielo e di lusso. Voleva vedere la verità, l'ora del desiderio e dell'appagamento essenziali. Fosse, o no, un'aberrazione di pietà, egli volle. Possedeva almeno un potere umano assai vasto. Tutte le donne che lo avevano conosciuto furono assassinate. Che strage nel giardino della bellezza! Sotto la sciabola, lo benedirono. Non ne ordinò di nuove. - Le donne ricomparvero. Uccise tutti coloro che lo seguivano, dopo la caccia o le libagioni. - Tutti lo seguivano. Si divertì a sgozzare gli animali di lusso. Diede fuoco ai palazzi. Si avventava sulla gente e la faceva a pezzi. - La folla, i tetti d'oro, i begli animali esistevano ancora. È mai possibile estasiarsi nella distruzione, ringiovanire mediante la crudeltà? Il popolo non mormorò. Nessuno offrì l'ausilio delle proprie opinioni. Una sera, galoppava superbo. Un Genio apparve, d'una bellezza ineffabile, anzi inconfessabile. Dalla sua fisionomia e dal suo portamento emanava la promessa di un amore molteplice e complesso! di una gioia indicibile, anzi insopportabile! Il Principe e il Genio si annientarono probabilmente nella salute essenziale. Come avrebbero potuto non morirne? Insieme dunque morirono. Ma quel principe spirò nel suo palazzo, a un'età normale. Il Principe era il Genio. Il Genio era il Principe. La musica sapiente manca al nostro desiderio.

Parata

Tipacci ben piantati. Parecchi di loro hanno sfruttato i vostri mondi. Senza bisogni, e poco ansiosi di usare le loro brillanti facoltà e la loro esperienza delle vostre coscienze. Che uomini maturi! Occhi ebeti come lo la notte d'estate, rossi e neri, tricolori, acciaio picchettato di stelle d'oro; ceffi deformi, plumbei, lividi, avvampati; raucedini folleggianti! L'andatura crudele degli orpelli! - Ci sono alcuni giovani, - come potrebbero guardare Cherubino? - provvisti di voce spaventevole e di qualche pericolosa risorsa. Li mandano a farsi le ossa in città, agghindati con un lusso disgustoso. Oh il più violento Paradiso della smorfia rabbiosa! Nessun confronto con i vostri Fachiri e con le altre buffonate sceniche. In costumi improvvisati col gusto d'un brutto sogno recitano lamenti, tragedie di malandrini e di semidei spiritosi come la storia o le religioni non lo sono mai state. Cinesi, Ottentotti, zingari, sciocchi, iene, Mòloc, vecchie demenze, sinistri demoni, mischiano i materni toni popolareschi con pose e tenerezze bestiali. Potrebbero interpretare nuove commedie e canzoncine per ragazzine. Giocolieri provetti, trasformano il luogo e le persone, e si servono della commedia magnetica. Gli occhi fiammeggiano, il sangue canta, le ossa si dilatano, grondano le lacrime e rivoletti rossi zampillano. Il loro scherno e il loro terrore dura un minuto, o mesi interi. Io solo ho la chiave di questa parata selvaggia.

Antico

Grazioso figlio di Pan! Intorno alla fronte incoronata di fiorellini e di bacche i tuoi occhi, preziose sfere, si muovono. Chiazzate di fecciea bruna, le tue guance si incavano. Le zanne rilucono. Il petto assomiglia a una cetra, e tintinnii circolano nelle tue braccia bionde. Il tuo cuore batte nel petto dove dorme il duplice sesso. Tu passeggia, di notte, muovendo dolcemente questa coscia e questa gamba a sinistra.

"Oh la faccia cinerea, lo scudo di crine, le braccia di cristallo! Il cannone sul quale devo abbattermi attraverso la mischia degli alberi e dell'aria leggera! "

Being Beauteous

Davanti a uno sfondo di neve un Essere di Bellezza d'alta statura. Sibili di morte e cerchi di musica sorda fanno salire, allargarsi e tremare come uno spettro questo corpo adorato; ferite scarlatte e nere esplodono nelle carni superbe. I colori propri della vita si incupiscono, danzano, e si sprigionano intorno alla Visione, sul cantiere. E i brividi s'innalzano e rombano, e il sapore forsennato di questi effetti caricandosi dei sibili mortali e delle rauche musiche che il mondo, lontano dietro di noi, lancia sulla nostra madre di bellezza, - essa indietreggia, si erge. Oh! le nostre ossa sono rivestite di un nuovo corpo amoroso.

Vite

I
Oh! gli enormi viali del paese santo, le terrazze del tempio! Che ne hanno fatto, del bramino che mi spiegò i Proverbi? Da allora, di laggiù, io vedo ancora perfino le vecchie! Ricordo le ore d'argento e di sole verso i fiumi, la mano della campagna sulla mia spalla, e le nostre carezze in piedi nelle pianure aromatiche. - Un involo di piccioni scarlatti tuona intorno al mio pensiero. - Esiliato qui, ho avuto una ribalta su cui rappresentare i capolavori drammatici di tutte le letterature. Potrei indicarvi le inaudite ricchezze. Osservo la storia dei tesori che trovaste. Ne vedo il seguito! La mia saggezza è disdegnata quanto il caos. Coc'è il mio niente, in confronto allo stupore che vi attende?
II
Sono un inventore ben più meritevole di tutti quelli che mi hanno preceduto; anzi un musicista, che ha trovato qualcosa come la chiave dell'amore. Adesso, gentiluomo di un'aspra campagna dal cielo sobrio, tento di commuovermi al ricordo dell'infanzia mendica, dell'apprendistato o dell'arrivo in zoccoli, delle polemiche, delle cinque o sei vedovanze, e di qualche bisboccia in cui il mio forte cervello mi impedì di salire al diapason dei colleghi. Non rimpiango la mia vecchia parte di letizia divina: l'aria sobria di questa aspra campagna alimenta molto attivamente il mio atroce scetticismo. Ma poiché ormai questo scetticismo non può ormai essere adoperato, e siccome, d'altra parte, sono dedito ad un nuovo turbamento, - aspetto di diventare un pazzo molto cattivo.
III
In un solaio dove fui rinchiuso a dodici anni ho conosciuto il mondo, illustrato la commedia umana. In una cantina ho imparato la storia. A qualche festa notturna in una città del Nord, ho incontrato tutte le donne dei pittori antichi. In un vecchio vicolo di Parigi mi hanno insegnato le scienze classiche. In una splendida dimora circondata dall'intero Oriente ho compiuto la mia opera immensa e il mio illustre ritiro. Ho rimescolato il mio sangue. Il mio dovere mi è rimesso. Non è più il caso nemmeno di pensarci. Sono realmente d'oltretomba, e niente commissioni.

Partenza

Visto abbastanza. La visione l'abbiamo incontrata ad ogni aria. Avuto abbastanza. Frastuono delle città, la sera, e al sole, e sempre. Conosciuto abbastanza. I decreti della vita. - Oh Frastuoni e Visioni! Partenza nell'affetto e nel rumore nuovi!

Regalità

Un bel mattino, presso un popolo dolcissimo, un uomo e una donna stupendi gridavano sulla pubblica piazza; "Amici, voglio che lei sia regina!" "Voglio esser regina!" Ella rideva e tremava. Lui parlava agli amici di rivelazione, di prova conclusa. Si estasiavano l'uno contro l'altra. In effetti, regnarono per tutta una mattina, durante la quale gli arazzi color carminio si rialzarono sulle case, e per tutto un pomeriggio, durante il quale si spinsero verso i giardini delle palme.

A una ragione

Un colpo del tuo dito sul tamburo scatena tutti i suoni e dà inizio alla nuova armonia Un tuo passo, è il levarsi degli uomini nuovi e la loro marcia! Tu volgi altrove il capo: l'amore nuovo! Tu volgi indietro il capo, - l'amore nuovo! "Muta le nostre sorti, crivella i flagelli, a cominciare dal tempo", ti cantano questi fanciulli. "Erigi, non importa dove, la sostanza delle nostre fortune e dei nostri voti", ti implorano. Giunta da sempre, tu che andrai ovunque.

Mattinata d'ebbrezza

Oh mio Bene! Oh mio Bello! Fanfara atroce in cui non vacillo! Cavalletto fatale! Urrà per l'opera inaudita e per il corpo meraviglioso, per la prima volta! Ebbe inizio fra le risate dei bimbi, finirà con loro. Questo veleno resterà in tutte le nostre vene anche quando, voltasi altrove la fanfara, verremo restituiti all'antica disarmonia. Oh adesso, noi così degni di queste torture! raduniamo con fervore la sovrumana promessa fatta al nostro corpo e alla nostra anima creati: questa promessa, questa demenza! L'eleganza, la scienza, la violenza! Ci hanno promesso di sotterrare nell'ombra l'albero del bene e del male, di deportare le onestà tiranniche, affinché recassimo il nostro purissimo amore. La cosa cominciò con qualche nausea e finì, - non potendo impadronirci subito di quell'eternità, - finì con un'ondata di profumi. Riso dei bimbi, discrezione degli schiavi, austerità delle vergini, orrore degli volti e degli oggetti di qui, siate santificati dal ricordo di questa vigilia. Era iniziata rozzamente, ecco che finisce con angeli di fiamma e di ghiaccio. Breve vigilia d'ebbrezza, santa! non foss'altro per la maschera di cui ci hai gratificati. Noi ti affermiamo, metodo! Noi non dimentichiamo che ieri hai glorificato ciascuna delle nostre età. Noi abbiamo fede nel veleno. Sappiamo donare ogni giorno la nostra vita intera. Questo è il tempo degli Assassini.

Frasi

Quando il mondo sarà ridotto ad un solo bosco nero per i nostri quattro occhi stupiti, - a una spiaggia per due fanciulli fedeli, - a una casa musicale per la nostra chiara simpatia, - io ti troverò. Non ci sia quaggiù che un vecchio solitario, calmo e bello, circondato da un "lusso inaudito", - e io sarò alle tue ginocchia. Che io abbia realizzato tutti i tuoi ricordi, - che io sia colei che sa legarti strettamente, - ti soffocherò.
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Quando siamo assai forti, - chi arretra? Assai lieti - chi muore dal ridicolo? Quando siamo veramente cattivi, - che fare di noi? Adornatevi, danzate, ridete. - Io non potrò mai buttare l'Amore dalla finestra.
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- Compagna mia, mendicante, fanciulla portentosa! come ti sono indifferenti, queste sventurate e queste manovre, e i miei imbarazzi. Attaccati a noi con la tua voce impossibile, la tua voce! Unica lusinga di questa vile disperazione.

"Un mattino coperto..."

Un mattino coperto, in luglio. Un sapore di ceneri aleggia nell'aria; un odore di legna che trasuda nel focolare, - i fiori macerati, - la devastazione delle passeggiate - la nebbia piovosa dei canali per i campi - perché non già i balocchi e l'incenso?
***
Ho teso corde da campanile a campanile; ghirlande da finestra a finestra; catene d'oro da stella a stella, e danzo.
***
L'alto stagno fuma continuamente. Quale strega sta per ergersi sul tramonto bianco? Quali fronde violette stanno per scendere?
***
Mentre i fondi dell'erario vengono sperperati in feste di fraternità, una campana di fuoco rosa rintocca fra le nubi.
***
Rianimando un gradevole sentore d'inchiostro di China, una polvere nera piove dolcemente sulla mia veglia. - Attenuo le luci del lampadario, mi butto sul letto, e, girato dalla parte dell'ombra, vedo voi, mie ragazze! mie regine!

Operai

Oh quella calda mattinata di febbraio. Il Sud inopportuno venne a rianimare i nostri ricordi di indigenti assurdi, la nostra giovane miseria. Henrika aveva una gonna di cotone a quadretti bianchi e bruni, di quelle che si dovevano portare nel secolo scorso, una cuffia coi nastri, e un fazzoletto di seta. Era ancor più triste di un lutto. Facevamo un giro in periferia. Il cielo era coperto, e quel vento del Sud eccitava tutti i cattivi odori dei giardini devastati e dei prati inariditi. Questo sembrava stancare mia moglie meno di me. In una pozzanghera lasciata dall'inondazione del mese precedente su un sentiero assai alto, mi fece notare dei minuscoli pesciolini. La città, col suo fumo e coi rumori dei suoi telai, ci seguiva lontanissimo per i sentieri. Oh l'altro mondo, l'abitazione benedetta del cielo e dall'ombra verde! Il Sud mi ricordava gli incidenti miserabili della mia infanzia, le mie estati disperate, l'orribile quantità di forza e di scienza che la sorte ha sempre allontanato da me. No! non passeremo l'estate in questo avaro paese dove non saremo mai altro che orfani fidanzati. Voglio che questo braccio indurito non regga più una cara immagine.

I ponti

Cieli grigi di cristallo. Un bizzarro disegno di ponti, dritti alcuni, altri convessi, altri in discesa oppure obliqui ad angolo sui primi, e queste figure si rinnovano negli altri circuiti illuminati del canale, ma tutti così lunghi e leggeri che le rive, cariche di cupole, si abbassano e si rimpiccioliscono. Qualcuno di questi ponti è ancora coperto di cupole. Altri reggono alberi, segnali, fragili parapetti. Accordi minori s'intersecano e filano, funi risalgono sulle rive. Si distingue una giubba rossa, forse alcuni vestiti e alcuni strumenti musicali. Sono arie popolari, brani di concerti aristocratici, residui di inni pubblici? L'acqua è grigia e azzurra, larga come un braccio di mare. - Un raggio bianco, cadendo dall'alto del cielo, annienta questa commedia.

Città

Sono un effimero e non troppo scontento cittadino di una metropoli ritenuta moderna perché ogni gusto conosciuto vi è stato eluso nell'arredamento e nell'esterno delle case, come nella pianta della città. Qui non potreste segnalare traccia di un solo monumento di superstizione. La lingua e la morale sono ridotte alla loro più semplice espressione, finalmente! Questi milioni di persone che non hanno bisogno di conoscersi portano avanti di pari passo educazione, mestiere e vecchiaia, tanto che il corso delle loro vite dev'essere molto meno lungo di quello che una folle statistica riscontra per i popoli del continente. E allora come, dalla mia finestra, vedo nuovi spettri che errano attraverso il denso eterno fumo di carbone, - la nostra ombra boschiva, la nostra notte d'estate! - Erinni nuove, davanti al mio cottage che è la mia patria e tutto il mio cuore, dato che qui tutto somiglia a questo, - la Morte illacrimata, nostra attiva figlia ed ancella, un Amore disperato, e un grazioso Delitto che geme nel fango della strada.

Carreggiate

A destra l'alba d'estate sveglia le foglie e i vapori e i rumori di quest'angolo del parco, e i declivi a sinistra trattengono nella loro ombra violacea le mille veloci carreggiate della strada umida. Sfilata di fantasmagorie. Infatti: carri carichi di animali di legno dorato, di pennoni e di teli variopinti, al gran galoppo di venti cavalli da circo pezzati, e bambini e uomini sulle bestie più sorprendenti; - venti veicoli, sbalzati, pavesati e fioriti come carrozze antiche o da favola, pieni di bambini agghindati per una pastorale suburbana. - Perfino catafalchi, sotto i loro baldacchini notturni contro gli erti pennacchi d'ebano, che filano al trotto delle grandi giumente azzurre e nere.

Città (I)

Sono città! È un popolo per il qualche sono stati eretti questi Allegani e questi Libani di sogno! Chalet di cristallo e di legno che si muovono su rotaie e pulegge invisibili. Gli antichi crateri cinti di colossi e di palme di rame ruggiscono melodiosamente nei fuochi. Feste amorose risuonano sui canali appesi dietro gli chalet. La fanfara di caccia dei carillons squilla entro le gole dei monti. Corporazioni di cantori giganti accorrono in abiti e orifiammi splendenti come la luce delle vette. Sulle piattaforme circondate da voragini gli Orlandi hanno dato fiato al loro valore. Sulle passerelle dell'abisso e sui tetti delle locande l'ardore del cielo imbandiera i pennoni. Il crollo delle apoteosi raggiunge i campi delle alture dove serafiche centauresse volteggiano fra le valanghe. Al di sopra del livello delle creste più alte, un mare travagliato dall'eterna nascita di Venere, carico di flotte canore e del brusio delle perle e delle conche preziose, - il mare si oscura talvolta con mortali bagliori. Sui declivi, messi di fiori grandi come le nostre armi e le nostre coppe, mugghiano. Cortei di Mab in vesti fulve, opaline, salgono dali borri. Lassù, con le zampe nella cascata e nei rovi, i cervi poppano Diana. Le Baccanti di periferia singhiozzano e la lana arde e urla. Venere penetra nelle spelonche dei fabbri e degli eremiti. Gruppi di torri comunali cantano le idee dei popoli. Dai castelli costruiti in osso esce la musica ignota. Tutte le leggende si animano e gli alci irrompono nei borghi. Il paradiso degli uragani sprofonda. I selvaggi danzano senza posa la festa della notte. E per un'ora sono disceso nel traffico d'un viale di Bagdad dove alcune brigate hanno cantato la gioia del lavoro nuovo, sotto una densa brezza, circolando senza poter eludere i favolosi fantasmi dei monti dove abbiamo dovuto ritrovarci. Quali buone braccia, quale ora bella mi renderanno questa regione da cui provengono i miei sonni e i miei moti più lievi?

Vagabondi

Misero fratello! Quante veglie atroci mi cagionò! "Non mi abbandonavo con sufficiente fervore a quell'impresa. Mi ero burlato della sua infermità. Per colpa mia saremmo tornati in esilio, in schiavitù." Supponeva in me una scalogna e un'innocenza assai bizzarre, e allegava inquietanti ragioni. Io rispondevo con un sogghigno a quel satanico dottore, e finivo col raggiungere la finestra. Creavo, al di là dalla campagna attraversata da strisce di musica rara, i fantasmi del futuro lusso notturno. Dopo questa distrazione vagamente igienica, mi stendevo su un pagliericcio. E, quasi ogni notte, appena addormentato, il povero fratello si alzava, con la bocca putrida, gli occhi esorbitati, - quale vaneggiava d'essere! - e mi trascinava per la stanza urlando il proprio sogno di afflizione idiota. Avevo infatti, in piena sincerità di spirito, assunto l'impegno di restituirlo al suo stato primitivo di figlio del Sole, - ed erravamo, nutriti del vino delle caverne e del biscotto della strada, io ansioso di trovare il luogo e la formula.

Città (II)

L'Acropoli ufficiale supera le più colossali concezioni della barbarie moderna. Impossibile esprimere la luce smorta prodotta da questo cielo immutabilmente grigio, l'imperiale risalto degli edifici, e la neve eterna del suolo. Hanno riprodotto con un gusto singolare dell'enorme tutte le meraviglie classiche dell'agricoltura. Assisto ad esposizioni di pittura in locali venti volte più vasti di Hampton-Court. Che pittura! Un Nabucodonosor norvegese ha fatto costruire gli scaloni dei ministeri; i subalterni che ho potuto vedere sono già più prestanti dei ***, e ho tremato alla vista dei guardiani di colossi e ufficiali costruttori. Riunendo gli edifici intorno ai piazzali alberati, a terrazze e cortili chiusi, hanno eliminato i cocchieri. I parchi raffigurano la natura primitiva elaborata da un'arte superba. Il quartiere alto ha parti incomprensibili: un braccio di mare, senza battelli, snoda la sua distesa di nevischio azzurro fra banchine cariche di candelabri giganteschi. Un breve ponte conduce ad una posterla immediatamente sottostante allala cupola della Sainte-Chapelle. Questa cupola è un'armatura d'acciaio artistico di circa quindicimila piedi di diametro. Da alcuni punti delle passerelle di rame, delle piattaforme, delle scalinate che cingono i mercati coperti e i pilastri, ho creduto di poter valutare la profondità della città! È il prodigio di cui non ho potuto capacitarmi: quali sono i livelli degli altri quartieri sopra o sotto l'acropoli? Per lo straniero dei tempi nostri una ricognizione è impossibile. Il quartiere commerciale è un anfiteatro di stile unico, ha gallerie e porticati. Negozi non se ne vedono, però la neve del selciato è calpestata; alcuni nababbi, rari come i passanti d'un mattino domenicale a Londra, si dirigono verso una diligenza di diamanti. Qualche divano di velluto rosso: vengono servite bibite polari il cui prezzo varia da ottocento a ottomila rupie. All'idea di cercare teatri in quest'arena, mi rispondo che i negozi devono contenere drammi assai foschi. Penso che ci sia una polizia. Ma la legge sarà talmente strana, che rinuncio a farmi un'idea degli avventurieri locali. Il sobborgo, elegante come una bella via di Parigi, ha la fortuna di avere un'aria di luce. L'elemento democratico conta qualche centinaio di anime. Anche lì le case si susseguono; il sobborgo si perde bizzarramente nella campagna, la "Contea" che riempie l'eterno occidente delle foreste e delle piantagioni prodigiose dove gentiluomini selvaggi cacciano le loro cronache sotto una luce che fu creata.

Veglie

I
È il riposo illuminato, né febbre, né languore, sul tetto o sul prato. È l'amico né ardente né debole. L'amico. È l'amata né tormentosa né tormentata. L'amata. L'aria e il mondo per nulla cercati. La vita. - Era dunque questo? - E il sogno rinfresca.
II
La luce torna sull'albero dell'edificio. Dalle due estremità della sala, arredi banali, elevazioni armoniche si congiungono. Il muro di fronte a chi è veglia è una successione psicologica di spaccati: fregi, strisce atmosferiche e accidenze geologiche. - Sogno intenso e rapido di gruppi sentimentali con esseri d'ogni carattere fra tutte le apparenza.
III
Le lampade e i tappeti della veglia fanno il brusio delle onde, di notte, lungo lo scafo e intorno allo steerage. Il mare della veglia, come il seno di Amelia. I parati, fino a mezza altezza, dei boschetti di merletto, tinta smeraldo, in cui si gettano le tortorelle della veglia.
. . . . . . . . . . . . . . .Il frontone del focolare nero, soli veri sui greti: ah! pozzo delle magie; unica veduta d'aurora, questa volta.

Mistico

Sul pendio della scarpata gli angeli ravvolgono le loro vesti di lana nell'erba d'acciaio e di smeraldo. Prati di fiamme balzano fino in cima al poggio. A sinistra il terriccio del crinale è calpestato da tutti gli omicidi e da tutte le battaglie, e tutti i rumori dei disastri inseguono la loro curva. Dietro il crinale di destra la linea degli orienti, dei progressi. E mentre la striscia in alto del quadro è formata dal rumore avvolgente e scattante delle conche dei mari e delle notti umane, La dolcezza fiorita delle stelle e del cielo e del resto discende di fronte alla scarpata, come un cesto, - contro il nostro viso, e fa l'abisso odoroso e turchino là sotto.

Alba

Ho abbracciato l'alba d'estate. Nulla si muoveva ancora sul frontone dei palazzi. L'acqua era morta. Le zone d'ombra non abbandonavano la strada del bosco. Ho camminato, ridestando gli aliti vivi e tiepidi, e le pietre preziose guardarono, e le ali si alzarono senza un fruscio. La prima impresa fu, sul sentiero già pieno di freschi e smorti fulgori, un fiore che mi disse il suo nome. Risi al wasserfall biondo che si scarmigliò attraverso gli abeti: dalla cima argentea riconobbi la dea. Allora alzai ad uno ad uno i veli. Nel viale, agitando le braccia. Nella pianura, dove l'ho denunciata al gallo. Nella grande città ella fuggiva fra i campanili e le cupole, e correndo come un mendicante sulle banchine di marmo, io la inseguivo. In cima alla strada, vicino ad un bosco di lauro, l'ho avvolto nei suoi veli raccolti, e ho sentito un poco il suo corpo immenso. L'alba e il fanciullo caddero in fondo al bosco. Al risveglio era mezzogiorno.

Fiori

Da un gradino d'oro, - fra i cordoni di seta, le garze grigie, i velluti verdi e i dischi di cristallo che anneriscono come bronzo al sole, - vedo la digitale schiudersi su un tappeto di filigrane d'argento, d'occhi e di capigliature. Monete d'oro gialle sparse sull'agata, pilastri di mogano che sorreggono una cupola di smeraldi, mazzolini di raso bianco e sottili verghe di rubino circondano la rosa acquatica. Quale un dio dagli enormi occhi blu e dalle forme di neve, il mare e il cielo attirano alle terrazze di marmo la folla delle giovani e forti rose.

Notturno volgare

Un soffio apre brecce operistiche nelle pareti, - scompiglia il roteare dei tetti sgretolati, - disperde i limiti dei focolari, - eclissa le vetrate. - Lungo la vigna, dopo essermi appoggiato col piede ad una grondaia, - sono sceso in questa carrozza la cui epoca è indicata a sufficienza dai cristalli convessi, dai pannelli ricurvi e i sofà curvilinei. Carro funebre del mio sonno, isolato, dimora del pastore della mia insipienza, il veicolo vira sull'erba fine dello stradone cancellato: e in un difetto, in alto, sul cristallo di destra volteggiano livide figure lunari, foglie, seni; - Un verde e un azzurro scurissimi invadono l'immagine. Si staccano i cavalli vicino ad una chiazza di ghiaia. - Qui si fischierà per il temporale, forse, e per le Sodome, - e le Solime, - e le bestie feroci e gli eserciti. - (Postiglioni e bestie di sogno riprenderanno forse sotto le più soffocanti fustaie, per immergermi fino agli occhi nella sorgente di seta). - E mandarci, sferzati attraverso le acque sciabordanti e le bevande rovesciate, a rotolare sul ringhio dei mastini... - Un soffio disperde i limiti del focolare.

Marina

I carri d'argento e di rame - Le prue d'acciaio e d'argento - Battono la spuma, - Sollevano i ceppi dei rovi. Le correnti della landa, Le immense carreggiate del riflusso, Filano circolarmente verso est, Verso i pilastri della foresta, - Verso i fusti della diga, investita in un angolo da turbini di luce.

Angoscia

È mai possibile che Ella mi faccia perdonare le ambizioni continuamente calpestate, - che una fine agiata riscatti le stagioni d'indigenza, - che un giorno di successo ci faccia riposare sull'onta della nostra incapacità fatale? (Oh palme! diamante! - Amore, forza! - più in alto di tutte le gioie e le glorie! - in tutti i modi, ovunque, - demonio, dio, - Gioventù di questo essere: io!) Che alcuni incidenti di fantasmagoria scientifica e alcuni moti di fraternità sociale siano diletti come restituzione progressiva della franchezza originaria?... Ma la Vampira che ci rende gentili ordina che ci divertiamo con ciò che ella ci lascia, o in caso diverso che siamo più spiritosi. Rotolare verso le ferite, entro l'aria spossante e il mare; verso i supplizi, entro il silenzio delle acque e dell'aria micidiali; verso torture che ridono, nel loro silenzio atrocemente procelloso.

Festa d'inverno
La cascata risuona dietro le capanne da opera buffa. Le girandole prolungano, nei frutteti e nei viali vicini al Meandro, - i verdi e i rossi del tramonto. Ninfe d'Orazio pettinate alla Primo Impero, - Girotondi Siberiani, - Cinesi di Boucher.

Metropolitano

Dallo stretto d'indaco ai mari di Ossian, sulla sabbia rosa e arancio che il cielo vinoso ha lavato, ecco che salgono e si intersecano i viali di cristallo incontinente abitati da povere e giovani famiglie, che si alimentano dai fruttivendoli. Niente di ricco. - La città! Dal deserto di bitume fuggono via in disordine assieme ai banchi di nebbia scaglionati in strisce orribili nel cielo che s'incurva, arretra e discende, formato dal più sinistro fumo nero che l'Oceano a lutto possa formare, gli elmi, le ruote, le barche, le truppe. - La battaglia! Alza la testa: quel ponte di legno, arcuato; gli estremi orti di Samaria; quelle maschere rosseggianti sotto la lanterna sferzata dalla notte fredda; l'ondina sempliciotta dalla veste frusciante, a valle del fiume; quei crani luminosi fra le piante di piselli - e le altre fantasmagorie - la campagna. Strade fiancheggiate da cancellate e da muri, che a malapena contengono i loro boschetti, e i fiori atroci che vorremmo chiamare cuori e suore, Damasco dannante di lunghezza, - possedimenti di fiabesche aristocrazie ultra-renane, Giapponesi, Guaranesi, adatte ancora ad accogliere la musica degli antichi - e vi sono locande che per sempre non aprono ormai più - vi sono principesse, e se non sei troppo avvilito, lo studio degli astri - il cielo. Il mattino in cui insieme a Lei, vi dibatteste fra i fulgori della neve, quelle labbra verdi, i ghiacci, gli stendardi neri e i raggi azzurri, e i profumi purpurei del sole dei poli, - la tua forza.

Barbaro

Molto tempo dopo i giorni e le stagioni, e gli esseri e i paesi. La bandiera di carne sanguinolenta sulla seta dei mari e dei fiori artici; (non esistono). Guariti dalle vecchie fanfare d'eroismo - che seguitano ad aggredirci il cuore e la testa - lontano dagli antichi assassini - Dolcezze! Oh! La bandiera di carne sanguinolenta sulla seta dei mari e dei fiori artici (non esistono). Dolcezze! I bracieri, a pioggia sotto raffiche di brina, - Dolcezze! - i fuochi sotto la pioggia del vento di diamanti lanciato dal cuore terrestre eternamente carbonizzato per noi. - O mondo! - (Lontano dai vecchi eremi e dalle vecchie fiamme, che si odono, che si sentono,) I bracieri e le schiume. La musica, vertigine d'abissi e urto dei ghiacci contro gli astri. O dolcezze, o mondo, o musica! E là, le forme, i sudori, le capigliature e gli occhi, galleggianti. E le lacrime bianche, cocenti, - o dolcezze! - e la voce femminile giunta in fondo ai vulcani e alle grotte artiche.


Saldo

In vendita ciò che gli Ebrei non hanno venduto, quel né che nobiltà né delitto hanno mai assaporato, quel che l'amore maledetto e la probità infernale delle masse ignorano; quel che né il tempo né la scienza hanno da riconoscere. Le Voci ricostituite; il risveglio fraterno di tutte le energie corali e orchestrali e le loro applicazioni istantanee; l'occasione, unica, di svincolare i nostri sensi! In vendita i Corpi senza prezzo, al di fuori di ogni razza, di ogni luogo, di ogni sesso, di ogni discendenza! Le ricchezze che scaturiscono ad ogni passo. Saldo di diamanti senza controllo! In vendita l'anarchia per le masse; la soddisfazione irreprimibile per i dilettanti d'ordine superiore; la morte atroce per i fedeli e gli amanti! In vendita le abitazioni e le migrazioni, sport, fantasmagorie ecomodità perfetti, e il rumore, il movimento e l'avvenire che essi producono! In vendita le applicazioni del calcolo e i salti di armonia inauditi. Le trovate e i termini non sospettabili, possesso immediato. Slancio insensato e infinito verso splendori invisibili, verso delizie insensibili, - e per ogni vizio i suoi sconvolgenti segreti - e la sua allegria spaventevole per la folla. In vendita i Corpi, le voci, l'immensa opulenza incontestabile, quel che non si venderà mai. I venditori non hanno dato fondo alla svendita! I commessi viaggiatori non hanno da restituire le loro provvigioni così presto!

Fairy
Per Elena cospirarono le linfe ornamentali nelle ombre vergini e i chiarori impossibili nel silenzio astrale. L'ardore dell'estate venne affidato a uccelli muti e l'indolenza richiesta ad una barca di lutti senza prezzo entro anse di amori morti e di profumi estenuati. - Dopo il momento dell'aria delle boscaiole al rumore del torrente sotto la rovina dei boschi, dello scampanio del bestiame nell'eco delle valli, e le grida delle steppe. - Per l'infanzia di Elena rabbrividirono le pellicce e le ombre - e il seno dei poveri, e le leggende del cielo. E i suoi occhi e la sua danza, superiori persino agli splendori preziosi, ai freddi influssi, al piacere della scena e dell'ora impareggiabili.

Guerra

Ragazzo, alcuni cieli hanno affinato la mia ottica: tutti i caratteri sfumarono la mia fisionomia. I Fenomeni si turbarono. - Ora, l'eterna inflessione dei momenti e l'infinito delle matematiche mi cacciano per questo mondo in cui subisco tutti i successi civili, rispettato dall'infanzia strana e dagli affetti enormi. - Penso a una Guerra, di diritto o di forza, di logica assolutamente imprevista. È semplice come una frase musicale.


Giovinezza

I DOMENICA
Messi in disparte i calcoli, l'inevitabile discesa dal cielo, e la visita dei ricordi e l'assemblea dei ritmi occupano la dimora, la testa e il mondo dello spirito. - Un cavallo sela dà a gambe sull'erbetta del suburbio, e lungo i campi e i boschi, trafitto dalla peste carbonica. Una miserabile interprete di drammi, in un punto qualsiasi del mondo, sospira per improbabili abbandoni. I desperados languiscono per il temporale, l'ebbrezza, le ferite. Bambini piccoli soffocano maledizioni lungo i fiumi. - Riprendiamo lo stuolo al suono dell'opera divorante che si raduna e risale tra le masse.
II SONETTO
Uomo di struttura comune, la carne non era dunque un frutto appeso nell'orto, - oh giornate fanciulle! il corpo un tesoro da offrire; - oh amare, il pericolo o la forza di Psiche? La terra aveva versanti fertili di prìncipi e di artisti, e la discendenza e la razza ci spingevano ai crimini e ai lutti: il mondo vostra fortuna e vostro pericolo. Ma ora, compiuta la fatica, tu, i tuoi calcoli, tu, le tue impazienze, - non sono più che la vostra danza e la vostra voce, non fissate e per nulla forzate, benché d'un duplice evento d'invenzione e di successo una ragione, - nell'umanità fraterna e discreta attraverso l'universo senza immagini; - la forza e il diritto riflettono la danza e la voce ora soltanto apprezzate.
III VENT'ANNI
Le voci istruttive esiliate... L'ingenuità fisica amaramente sedata... - Adagio. Ah! l'egoismo infinito dell'adolescenza, l'ottimismo studioso: com'era pieno di fiori il mondo, quell'estate! Le arie e le forme morenti... - Un coro, per placare l'impotenza e l'assenza! Un coro di vetri, di melodie notturne... Infatti i nervi stanno per sbandare.
IV
Tu sei rimasto alla tentazione di Antonio. Il gioco dello zelo abbreviato, i tic d'orgoglio puerile, l'accasciamento e il terrore. Ma ti metterai a questo lavoro: tutte le possibilità armoniche e architettoniche si smuoveranno attorno al tuo seggio. Esseri perfetti, imprevisti, si offriranno alle tue esperienze. Nei tuoi paraggi affluità sognante la curiosità d'antiche folle e di lussi oziosi. La tua memoria e i tuoi sensi non saranno altro che l'alimento del tuo impulso creatore. Quanto al mondo, quando tu ne uscirai, che sarà divenuto? In ogni caso, nessuna delle apparenze attuali.

Promontorio
L'alba d'oro e la sera rabbrividente sorprendono il nostro brigantino al largo di fronte a questaa villa e alle sue dipendenze, che formano un promontorio esteso quanto l'Epiro e il Peloponneso, o la grande isola del Giappone, o l'Arabia! Fari illuminati dal ritorno delle teorie, immense vedute delle difese delle coste moderne; dune illustrate da caldi fiori e da baccanali; grandi canali di Cartagine ed Embankments di una Venezia losca; molli eruzioni di Etna e crepacci di fiori e d'acque dei ghiacciai; lavatoi circondati da pioppi di Germania; pendii di parchi singolari che reclinano le teste d'Albero del Giappone; e le facciate circolari dei "Royal" o dei "Grand" di Scarbrò o di Brooklyn; e le loro strade ferrate fiancheggiano, scavano, sovrastano gli allestimenti di quest'Albergo, scelti nella storia delle più eleganti e colossali costruzioni d'Italia, d'America, d'Asia, le cui finestre e terrazze ora piene di luci, di bevande e di ricche brezze, sono aperte allo spirito dei viaggiatori e dei nobili - che consentono, nelle ore del giorno, a tutte le tarantelle delle coste, - ed anche ai ritornelli delle vallate illustri dell'arte, di decorare meravigliosamente le facciate del Palazzo-Promontorio.

Scene

L'antica Commedia prosegue i suoi accordi e divide i suoi Idilli: Viali di palcoscenici. Un lungo pontile di legno da un capo all'altro di un campo sassoso dove la folla barbara s'aggira sotto gli alberi spogli. In corridoi di garza nera, sulle orme di chi passeggia sotto le lanterne e le foglie. Uccelli dei misteri si abbattono su una chiatta in muratura mossa dall'arcipelago coperto dalle imbarcazioni degli spettatori. Scene liriche accompagnate da flauto e tamburo si inclinano in ridotti ricavati sotto le volte, attorno a saloni di club moderni o sale dell'antico Oriente. La fantasmagoria si svolge al sommo di un anfiteatro cinto da boschi cedui, - o si agita e modula per i Beoti, nell'ombra degli alti fusti oscillanti sul crinale dei campi. L'opéra-comique si divide sulla nostra scena lungo la linea d'intersezione di dieci tramezzi innalzati dalla galleria alle luci del palcoscenico.

Sera storica

In qualsiasi sera venga a trovarsi, per esempio il turista ingenuo, ritiratosi dai nostri orrori economici, la mano di un maestro anima il clavicembalo dei prati; si giuoca a carte in fondo allo stagno, specchio evocatore delle regine e delle favorite; ci sono le sante, le vele, e i fili d'armonia, e i cromatismi leggendari, dentro il tramonto. Egli rabbrividisce al passaggio delle cacce e delle orde. La commedia sgocciola sui palcoscenici d'erba. E l'imbarazzo dei poveri e dei deboli su quei piani stupidi! Alla sua visione schiava, - la Germania innalza impalcature verso le lune; i deserti tartari si illuminano - le rivolte antiche pullulano al centro del Celeste Impero; su per le scalinate e i seggi dei re - un piccolo mondo livido e piatto, Africa e Occidente, sta per edificarsi. Poi un balletto di mari e di nostti conosciuti, una chimica senza valore, e le melodie impossibili. La stessa magia borghese in tutti i luoghi in cui ci deporrà la diligenza! Il fisico più elementare sente che ormai è impossibile sottoporsi a questa personale atmosfera, nebbia di rimorchi fisici, la cui constatazione è già afflizione. No! - Il momento dell'afa, dei mari in burasca, della incendi sotterranei, del pianeta travolto, e delle stragi conseguenti, certezze indicate con così scarsa malizia nella Bibbia e dalle Norne e che soltanto a un essere serio sarà dato di sorvegliare. - Tuttavia non sarà un effetto da leggenda!

Bottom

Essendo la realtà troppo spinosa per il mio nobile carattere, - mi trovai tuttavia in casa della Signora, sotto forma di grosso uccello grigiazzurro librato verso le modanature del soffitto, trascinando l'ala nell'ombra della sera. Fui, ai piedi del baldacchino che sorreggeva i suoi gioielli adorati e i suoi capolavori fisici, un grosso orso dalle gengive violette e dal pelo incanutito dal dolore, lo sguardo volto ai cristalli e agli argenti delle mensole. Tutto si fece ombra e acquario ardente. Al mattino, - alba di giugno battagliera, - corsi nei campi, asino, strombazzando e brandendo la mia protesta, finché le Sabine della periferia vennero a buttarsi sul mio petto.

H

Tutte le mostruosità violano i gesti atroci di Ortensia. La sua solitudine è la meccanica erotica, la sua spossatezza, la dinamica amorosa. Sotto la sorveglianza di un'infanzia ella è stata, in numerose epoche, l'ardente igiene delle razze. La sua porta è aperta alla miseria. Lì, la moralità degli individui attuali si scorpora nella sua passione o nella sua azione - Oh brivido tremendo degli amori novizi sul suolo di sangue e e sotto l'idrogeno chiarore! trovate Ortensia!

Movimento

Il moto serpeggiante sull'argine delle cascate del fiume, Il gorgo al dritto di poppa, La celerità della china, Il passo enorme di corrente, conducono tra luci inaudite E la novità chimica I viaggiatori stretti fra le trombe del borro E dello strom. Sono i conquistatori del mondo in cerca di una ricchezza chimica personale; Lo sport e la comodità viaggiano con loro; Recano con se l'educazione Delle razze, delle classi e delle bestie, su questo Vascello. Riposo e vertigine Nella luce diluviana, Nelle terribili sere di studio. Poiché dai discorsi in mezzo agli strumenti, - il sangue, i fiori, il fuoco, i gioielli - dai calcoli agitati a questa riva fuggente, - Si vede rotolare come una diga al di là della strada idraulica motrice, Mostruoso, in un chiarore senza fine, - il loro stock di studi; Essi cacciati nell'estasi armonica, E nell'eroismo della scoperta. Sotto gli accidenti atmosferici più sorprendenti, Una giovane coppia si isola sull'arca, - È antica selvatichezza da perdonare? E canta, e si apposta.

Devozione

A suor Louise Vanaen de Voringhem: - la Sua cornetta blu rivolta al mare del Nord. - Per i naufraghi. A suor Léonie Aubois d'Ashby. Baù - l'erba d'estate ronzante e fetida. - Per la febbre delle madri e dei fanciulli. A Lulù, - demonio - che ha mantenuto un debole per gli oratorii del tempo delle Amiche e della sua educazione incompleta. Per gli uomini! Alla Signora ***. All'adolescente che fui. A questo santo vegliardo, eremitaggio o missione. Allo spirito dei poveri. E a un altissimo clero. Ed anche ad ogni culto, in tali luoghi di culto memorabile e fra avvenimenti tali che sia necessario recarsi, seguendo le aspirazioni del momento oppure il nostro stesso autorevole vizio. Questa sera a Circeto dagli alti ghiacci, grassa come il pesce, e miniata come i dieci mesi della notte rossa, - (il suo cuore ambra e spunk), - per la mia sola preghiera muta come queste regioni notturne e che precede prodezze più violente di quel caos polare. A tutti i costi e con ogni aria, anchein viaggi metafisici. - Ma non più allora.

Democrazia

"La bandiera avanza verso il paesaggio immondo, e il nostro dialetto soffoca il tamburo. "Nei centri alimenteremo la più cinica prostituzione. Massacreremo le rivolte logiche. "Nei paesi speziati e fradici! - al servizio del più mostruoso sfruttamento industriale o militare. "Arrivederci qui, dovunque. Coscritti di buona volontà, avremo una filosofia feroce; ignoranti per la scienza, furbi per le comodità; e creperemo per il mondo che avanza. È il vero cammino. Avanti, in marcia!"

Genio

Egli è l'affetto e il presente perché ha voluto la casa aperta all'inverno schiumoso e e al rumore dell'estate, lui che ha purificato le bevande e i cibi, lui che è il fascino dei luoghi fugaci e la delizia sovrumana delle soste. Egli è l'affetto e l'avvenire, la forza e l'amore che noi, in piedi nella rabbia e nella noia, vediamo passare nel cielo di tempesta e bandiere d'estasi. Egli è l'amore, misura perfetta e reinventata, ragione meravigliosa e imprevista, è l'eternità: macchina amata delle qualità fatali. Tutti abbiamo conosciuto lo spavento della sua concessione e della nostra: o godimento della nostra salute, slancio delle nostre facoltà, affetto egoista e passione per lui, lui che ci ama per la sua vita infinita... E noi lo ricordiamo ed egli viaggia... E se l'Adorazione se ne va, risuona, la sua promessa risuona: "Indietro queste superstizioni, questi antichi corpi, queste coppie e queste età. Questa è l'epoca che ha fatto naufragio!" Egli non se ne andrà, non ridiscenderà da un cielo, non compirà la redenzione dell'ira delle donne e dell'allegria degli uomini e di tutto questo peccato: poiché è avvenuto, egli essendo, ed essendo amato. Oh ilsuo respiro, le sue teste, le sue corse; la terribile celerità della perfezione delle forme e dell'azione. Oh fecondità dello spirito e immensità dell'universo! Il suo corpo! La liberazione sognata, l'infrangersi della grazia pervasa da una violenza nuova! La sua vista, la sua vista! tutte le antiche genuflessioni e le pene riscattate grazie a lui. Il suo giorno! L'abolizione di tutte le sofferenze sonore e mobili nella musica più intensa. Il suo passo! le migrazioni più enormi delle invasioni antiche. Oh lui e noi! L'orgoglio più benevolo delle carità perdute. Oh mondo! e il canto chiaro delle nuove sventure! Egli ci ha conosciuti e tutti ci ha amati. Sappiamo, in questa notte invernale, da un promontorio all'altro, dal polo tumultuoso al castello, dalla folla alla spiaggia, di sguardo in sguardo, con le forze e i sentimenti spossati, invocarlo e vederlo, e allontanarlo, e sotto le maree e al sommo dei deserti di neve, seguire i suoi sguardi, il suo alito, il suo corpo, la sua luce.

(Arthur Rimbaud)

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